Gli scatti di Marianne Sin-Pfältzer tra le vie di Golfo Aranci.

Golfo Aranci è il paese in cui vivo e mi piace raccontarvelo in un modo più particolare.
In questo articolo voglio parlarvi di una storia la cui protagonista è una fotografa tedesca di nome Marianne Sin-Pfältzer che, come me, molti anni fa si innamorò di Golfo Aranci.

Questa è una di quelle storie belle da scoprire, che arriva dal passato e porta con sé ricordi e nostalgia.
E’ la storia di un amore verso una terra, di una fotografa che ha immortalato attimi di vita e profondi sguardi fissandoli nel tempo per sempre e che oggi sono diventati i protagonisti di un bellissimo progetto: una mostra a cielo aperto nel centro storico di Golfo Aranci.

La mostra di cui vi parlo è stata pensata e realizzata da una ragazza nata e cresciuta in questo paese, Paola Masala.
Paola oggi vive e lavora a Cagliari, ma non appena possibile torna a casa da amici e parenti.
Per questo motivo ho pensato che il modo migliore per raccontarvi questa storia fosse proprio attraverso le sue parole.
Vi lascio quindi alla sua intervista, mettetevi comodi e buona lettura.

www.ridethewaves.it, Marianne Sin-Pfältzer

Ciao Paola, raccontaci prima di tutto qualcosa di te

Sono sempre stata una persona curiosa e appassionata.
Tra diploma e laurea ho alle spalle dieci anni di studi artistici sulle arti visive e plastiche con conseguente master in management dello spettacolo dal vivo alla Bocconi di Milano, dove sono avvenute anche le mie prime esperienze lavorative importanti.
Con un bagaglio di collaborazioni disparate in ambito culturale guardavo da oltre mare la Sardegna, di cui riuscivo in maniera distaccata a percepirne le potenzialità.
Dunque il rientro a Cagliari, l’inizio della collaborazione con il Teatro di Sardegna, l’impegno con il FAI , la nascita del network regionale Cultura plurale e le collaborazioni che nel tempo mi hanno portato a sviluppare progetti speciali con diverse realtà dell’Isola, tra cui Ilisso edizioni per la “Mostra a cielo aperto” Marianne Sin-Pfältzer – Golfo Aranci.

Chi era Marianne Sin-Pfältzer?

Figlia di una famiglia di olandesi colti e agiati emigrati in Germania, Marianne nasce nel 1926 a Hanau, vicino Francoforte.
La guerra la spinge, giovanissima, a spostarsi dalla Germania all’Italia sotto invito di suo fratello e, nel 1950, sbarca per la prima volta in Sardegna a La Maddalena, per prestare servizio come educatrice nella famiglia di un ufficiale della Marina. 
Aveva solo 24 anni e una piccola macchina fotografica Agfa isolette regalata dalla madre.

Dopo diversi viaggi in giro per il mondo ad affinare la tecnica e le collaborazioni internazionali nell’ambito della fotografia e  del design sceglie di ritornare in Sardegna, per concentrare la sua ricerca a Nuoro dove ha vissuto fino alla sua morte.
Una donna libera e cosmopolita.

Come e quando è arrivata a Golfo Aranci?

Marianna, così la chiamavano i bambini di Golfo Aranci quando è arrivata in paese nei primi anni 50.  
Come è arrivata? Nel suo tempo libero amava spostarsi in diverse parti della Sardegna accompagnata solo dalla sua macchina fotografica, attratta probabilmente da una cultura unica e differente.
Golfo Aranci è stato sicuramente uno dei luoghi in cui ritornava con piacere e frequenza, anche dopo la sua ripartenza dall’isola, soggiornando per periodi intensi grazie al legame con alcune famiglie residenti.

Raccontaci come è nata l’idea di questo progetto

L’idea del progetto nasce da una serie di fatti che possiamo pure definire coincidenze.
Un susseguirsi di situazioni e incontri che hanno spinto il mio interesse verso il lavoro di questa fotografa proprio mentre la Ilisso edizioni, che detiene il suo archivio, iniziava a promuoverne la figura.
Lo sguardo di un giovane e bellissimo ragazzo che arrangia le reti da pesca sulla banchina di un porto in una foto ritrovata a poca distanza di tempo e in due luoghi diversi. Oltre lo scatto, bellissimo e dal linguaggio attuale, è stato quello sguardo ad attirarmi.
La foto era catalogata in un volume e data per scattata a Santa Teresa di Gallura ma io riconoscevo in quegli occhi qualcosa di familiare e avevo ragione.  
Questo fatto ha portato Ilisso ad approfondire la ricerca nell’archivio e grazie al ritrovamento di parecchi provini non ancora sviluppati abbiamo ricostruito una storia di immagini con i volti, le abitudini e la vita lavorativa della comunità golfarancina negli anni 50.  
Soprattutto tanti bambini che oggi sono ancora vivi e hanno potuto riconoscersi e trasmetterci le atmosfere del periodo.  
Ho visto un grande progetto di Comunità e ho creduto fosse il momento giusto per proporlo.
Un patrimonio per il paese che ha riscoperto alcuni momenti inediti del passato  e ha reso indelebile la propria storia, così recente ma poco valorizzata. 

Tu sei nata e cresciuta a Golfo Aranci, è la tua casa. Quale è stato per te il momento più emozionante nella realizzazione di questo progetto? 

Sono cresciuta a Golfo Aranci ma vivere e lavorare dall’altra parte dell’isola mi da l’opportunità di guardarla in modo obiettivo, di vederla dentro un sistema regionale.
Ci ritorno spesso, ci vive tutta la mia famiglia, degli amici, ho dei punti di riferimento importanti. Tra studio e lavoro sono fuori dal paese da 25 anni ma mi sento ancora una golfarancina doc. (ride)

I momenti emozionanti sono stati più di uno.
Nella fase di ricerca ho avuto modo di conoscere meglio le persone del paese. I più anziani, i protagonisti della nostra storia.
Tanti i racconti emozionanti ma uno mi ha regalato una commozione intensa: i particolari li tengo per me.
Poi vedere, il giorno dell’inaugurazione, tante persone della comunità stringersi in mio aiuto per la realizzazione dell’evento e altrettante commuoversi tra lacrime, stupore davanti alle immagini con musica inedite che raccontavano la storia della mia gente, è stato per me davvero speciale.

A settembre del 2018 c’è stata l’inaugurazione della mostra, a cui ero presente, e mi è piaciuto tanto il video in cui sono stati intervistati alcuni dei protagonisti degli scatti di Marianne, allora bambini ed oggi anziani. Come hanno reagito all’idea della mostra, ad essere intervistati e nel rivivere i loro ricordi?

Tutti i golfarancini sono stati molto collaborativi.
C’è stato prima un lavoro di riconoscimento delle persone ritratte. Tantissime. Un lavoro che abbiamo svolto tutti insieme e sono orgogliosa di dire che senza l’aiuto dei miei compaesani la ricerca non avrebbe avuto lo stesso successo.  
Io giravo il paese con le foto dei provini in bianco e nero su Ipad e ogni momento quotidiano diventava un modo per portare avanti lo studio: al lazzaretto delle barche, al porto, nel negozio di caccia e pesca, nei bar più frequentati, fuori e dentro le case, al panificio. 
 Abbiamo trovato nelle case anche foto scattate da Marianne Sin-Pfältzer  e utilizzate per manifesti di campagne pubblicitarie internazionali non presenti nell’archivio Ilisso, regali preziosi donati direttamente agli ignari modelli.
Poi il coinvolgimento di alcuni di loro per la  realizzazione di interviste video con testimonianze, altri per le foto in posa, altri ancora per stimolare e definire la ricerca.
E’ stato entusiasmante.

L’idea della mostra a cielo aperto, installando le foto per le vie del paese, è stata molto originale. Perché si è scelta questa soluzione?

La soluzione di invadere il centro storico di gigantografie ha più funzioni. 
Quella di ricordare i luoghi impressi nelle immagini cercando di far combaciare le prospettive immortalate dalla fotografa negli anni 50 con quelle di oggi, riconoscibili ma trasformate dal sistema turistico.

Quella di comunicare in modo immediato la storia e le tradizioni del paese ai turisti che si ritrovano tra le strade in estate e rendere protagoniste le persone che ancora oggi sono parte della comunità, i primi promotori della tradizione.

Il progetto in realtà prevede anche una seconda parte proposta già in prima istanza che ipotizzava l’ampliamento del museo a cielo aperto accompagnato dalla stampa di un volume fotografico (edito Ilisso).
Un proseguimento importante  per restituire alla comunità una raccolta delle oltre 100 immagini scattate da Marianne a Golfo Aranci e in questo modo permettere alla tradizione golfarancina di aggiudicarsi un posto nella geografia culturale isolana. Nel frattempo l’amministrazione comunale è cambiata, non so se ritroveremo la stessa sensibilità sul progetto.

Marianne è morta nel 2015 a Nuoro, l’hai mai incontrata?

Purtroppo no.  Avevo sentito parlare di lei.
La prima volta che ho visto una sua foto di Golfo Aranci era passato appena 1 anno dalla sua morte. Ho cercato immediatamente informazioni tramite degli amici nuoresi scoprendo della sua recente scomparsa.  
Poi durante lo studio siamo venuti a conoscenza del fatto che avesse tentato una ricerca, non andata a buon fine, per una casa in affitto a Golfo Aranci, spinta dal desiderio di passare la vecchiaia al mare.
Che gran peccato.
Un’occasione mancata per conoscere una donna con la quale ho trovato molti punti di contatto e condivido dall’inizio del progetto parecchie strane coincidenze.

Cosa vorresti dire a chi ancora non conosce Golfo Aranci e perché dovrebbe visitarlo?

Golfo Aranci ha delle grosse potenzialità paesaggistiche e ambientali.
Un paese che negli ultimi anni ha investito nel turismo massivo rendendo più sostenibile un’economia sino a poco tempo fa centrata solo sulla pesca e sullo scalo marittimo, ma ha grandi margini di sviluppo verso le nuove economie che caratterizzeranno i mercati contemporanei.
Spero che queste opportunità siano sfruttate, valorizzate e soprattutto ricadano a favore della comunità. 

Perché visitarla: una striscia di terra sul mare a nord est dell’isola, disseminata di spiagge e scogliere, chiusa da un promontorio dalla natura selvaggia che si affaccia su specchi d’acqua ricchi di specie endemiche protette come i mufloni e i delfini.
Una cucina marinara semplice che riporta alla tradizione dei pescatori ponzesi e talvolta, se sei fortunato, ti può ancora capitare di sentire tra le barche qualche battuta in golfarancino, che non è sardo, non è gallurese, è ponzese imbastardito da anni di contaminazioni e dalle sonorità del mare sardo.
Uno dei pochi luoghi in Sardegna dove si può ancora vivere la vera tradizione marinara.

Ringrazio Paola per avermi dedicato il suo tempo e vi invito a seguire, se ancora non la conoscete, la pagina Facebook dedicata al progetto.

Di seguito invece qualche scatto (ma non voglio svelarvi troppo) delle fotografie che troverete per le vie del centro storico di Golfo Aranci.

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