Riflessioni: due mesi di quarantena.

Qui sul blog non avevo ancora parlato del Coronavirus, della situazione che abbiamo vissuto e di questi due mesi di quarantena. Oggi però ho fatto una riflessione e avevo bisogno di scrivere perciò eccomi qui.

Sono tornata il 16 gennaio dalla Thailandia e solo in seguito si è scoperto che li il primo caso di Covid-19 si era verificato il 13 gennaio. Sono tornata quindi giusto in tempo prima che venissero chiusi tutti i collegamenti.

Qui in Italia ancora non si percepiva il pericolo. Sembrava una cosa lontana, una realtà che interessava solo la Cina a migliaia di chilometri di distanza.

A fine febbraio sono anche andata a fare un weekend in Toscana. Si iniziavano a sentire in tv le prime raccomandazioni perché il virus era arrivato anche in Italia, al nord. Perciò abbiamo deciso di partire ma prendendo tutte le precauzioni e cercando di evitare assembramenti come il tg aveva consigliato.
Quando siamo partiti ovviamente non avevamo la percezione della velocità di contagio e tanto meno non potevamo immaginare cosa tutto sarebbe successo da li a poco.

Il nostro weekend in Toscana è andato benissimo, eravamo nella Val d’Orcia, (ve ne parlo in questo articolo) tra infinte colline verdi e piccoli borghi, perciò nessun rischio di assembramento.

Al ritorno, il primo di marzo avevamo un po’ di tempo prima di dover imbarcare sulla nave e così abbiamo fatto una piccola deviazione a Pisa, non l’avevo mai vista e fare un salto non costava nulla.
Ricordo bene che è esattamente a Pisa che ho avvertito la prima sensazione strana.

E’ successo che ad un certo punto abbiamo visto in lontananza un gruppo di circa una trentina di persone, penso cinesi o coreani in viaggio, tutti con la mascherina e mi ricordo di aver subito cambiato strada e di esser andata via da li.
Non perché fossero cinesi o coreani ovviamente, ma perché l’idea di essere in mezzo ad un gruppo di persone, in mezzo alla folla, nella mia mente aveva scatenato qualcosa, per di più la vista della mascherina aveva creato ancora di più in me uno stato di angoscia.
E’ stato in quel momento che la mia mente ha iniziato a percepire il pericolo e a rivivere le notizie viste al tg nei giorni precedenti.

Siamo tornati a casa e l’otto marzo, esattamente una settimana dopo, è iniziata la nostra quarantena.

Come ho affrontato questa quarantena?

Inizialmente ero svogliata, non avevo la percezione di quanto effettivamente potesse durare e cosa avrebbe significato.
Ci ho pensato tante volte e mi è sembrato assurdo come nel giro di una settimana sia cambiato tutto così velocemente.

Ed è altrettanto assurdo tutto quello che abbiamo vissuto in questi due mesi, le emozioni e l’umore contrastante, sopratutto poi per me che sono un gemelli vi lascio solo immaginare.
Passavo dal non voler fare assolutamente nulla, a fare una sessione di palestra facendo addominali e squat a tutto andare.
Passavo dal ridere e scherzare al silenzio perché i miei pensieri riempivano la stanza.

Sono passata dal non voler scrivere neanche un articolo sul blog a fare duecento corsi. Perché dopo il periodo iniziale dove un po’ la paura, lo smarrimento e la svogliatezza hanno preso il sopravvento, c’è stata subito dopo l’accettazione, ma mai la rassegnazione.
Non potevo sprecare quel tempo solo ad aspettare e così ho deciso di continuare a formarmi e ho pensato tanto al mio futuro e alla strada che volevo prendere.
Diciamo che questo periodo mi è servito tanto a fare chiarezza.

Due mesi di emozioni contrastanti.

La paura, la mancanza di libertà, l’accettazione, la voglia di fare di tutto pur di far passare le giornate, gli aperitivi al balcone con la fortuna di vedere il mare e il tramonto, le notizie alla mattina e il resoconto della sera, i “lavatevi le mani, non toccatevi occhi, naso e bocca, state a casa” ogni santo giorno più volte al giorno.

In verità quello che mi è pesato non è lo stare a casa. A quello ci sono abituata.
Nel senso che non sono una di quelle persone che per forza ha bisogno di stare in giro a fare aperitivi, o cene o altro. Non ho mai avuto una vita troppo mondana, mettiamola così.

Per farvi capire ci sono persone che, al contrario, hanno bisogno di uscire, stare in giro, vedere gente, perché a casa si annoiano e non sanno come passare il tempo. Credo che la quarantena l’abbiano sofferta di più loro.

Io fondamentalmente a casa mia sto bene.
Leggo, scrivo, lavoro, guardo film, mi esprimo e mi nutro di quello che più amo, non è mai stato un peso.

Ad ogni modo ho avuto diverse fasi. Sono passata dall'”andrà tutto bene”, un po’ come tutti all’inizio perché le canzoni dai balconi ci hanno fatto sentire più uniti, cosa che non succede tanto spesso, al “non lo so mica se sarà cosi”.

C’è stata felicità nel vivere le piccole cose quotidiane, che in verità non ho mai trascurato anche prima di questa quarantena, e ci sono state anche preoccupazione nel momento in cui compare l’incertezza di poter lavorare questa estate.

Sarà servita questa quarantena?

Inizialmente sembrava che la maggior parte degli italiani avesse capito la situazione, che stesse rispettando le regole, (a parte ovviamente le piccole eccezioni). Ero sicura che qualcosa di tutto questo ci sarebbe rimasto impresso come una lezione che non si scorda tanto facilmente.
Oggi invece ho paura che le eccezioni non siano più così piccole, perché la gente è stanca, perché oltre alla salute c’è la preoccupazione del lavoro, mancano le certezze e ci sono troppe domande senza risposta.
Quindi ad oggi, dopo due mesi di quarantena, non lo so se andrà veramente tutto bene.

Ho paura che in un modo o nell’altro qualcuno soffrirà tanto, per non parlare di quelli che hanno già sofferto per questo virus.
Siamo tutti sospesi, qualcuno anche incazzato, in attesa che si capisca come andranno le cose.

Di sicuro qualcosa è cambiato e per rendercene conto basta mettere il naso fuori da casa, quando al supermarket ti devi muovere come un robot con guanti e mascherina per evitare il contatto con gli altri.
Quando il disinfettante diventa il tuo migliore amico e quando i genitori si salutano in videochiamata, oppure quando non fai benzina da mesi perché la macchina non ti serve a nulla.

Ma la cosa più difficile è stata, ed è ancora, il non sapere.
Il non sapere cosa possiamo fare, non avere più la stessa libertà. Semplicemente la libertà di quando ti svegli la mattina e decidi cosa fare della tua giornata.
La libertà di pensare al futuro, di fare programmi.

Tutto questo, almeno in minima parte, deve aver per forza smosso qualcosa dentro ognuno di noi.

Io non lo so se andrà tutto bene, ma sicuramente non smetterò di pensare positivo, di credere che tutto si sistemerà in un modo o nell’altro e di avere fiducia nel prossimo, anche se questa, vedendo tutto quello che sta succedendo, è la parte più difficile.

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